Tsimba

IL PRIMO INCONTRO CON TSIMBA

Tsimba venne conosciuta a marzo 2021. Un mattino, alle cinque, cominciò a urlare fuori dal cancello di Maison de Marie, insieme ad altre due ragazze. L’educatrice aspettò le 6:15 e aprì la porta. Le ragazze erano arrabbiate, agitate, infuriate e incattivite; rivolevano la loro Vicky, la loro “sorellina”. Vicky era una bambina di strada, parte del gruppo di Cité Vert, lo stesso gruppo delle tre ragazze. Era la più piccolina del gruppo, e durante la giornata chiedeva l’elemosina, riuscendo a guadagnare una buona cifra grazie al suo visino e al suo atteggiamento temerario.

Vicky non si prostituiva ancora; per questo Jonathan e Vincent, due ragazzi del Cenacolo, avevano sempre sperato in lei. Quando la Maison de Marie fu aperta, non pensarono due volte e chiesero di prendere Vicky il prima possibile, per toglierla dalla strada e darle una possibilità migliore. Così, Vicky entrò nella struttura, mentre le ragazze e il gruppo di Cité Verte rimasero fuori, in strada, senza di lei.

Erano arrabbiate perché volevano Vicky indietro e non si lasciavano convincere in alcun modo, nonostante sapessero parlare francese, il che significava che avevano almeno frequentato le scuole elementari. Si sistemarono in mezzo alla terrazza e non volevano andarsene. L’educatrice chiamò rinforzi e chiese aiuto a due educatrici, che finalmente riuscirono a farle uscire. Dopo quattro giorni, però, tornarono. Sempre alle 5 del mattino, e ancora più arrabbiate. L’educatrice contattò Vincent, il ragazzo del Cenacolo che le seguiva da vicino, poiché avevano confidenza con lui; era lui a prendersi cura delle loro ferite e a fornire loro test di gravidanza, assorbenti e preservativi. In mezz’ora, Vincent arrivò, comprendendo l’urgenza della situazione.

Tsimba aveva studiato dalle suore fino alla prima superiore. Sua madre viveva in strada e le suore l’avevano presa per aiutarla e farla crescere in un ambiente sano, ma la madre non voleva. La donna, con un leggero ritardo mentale, desiderava tenere la figlia sempre con sé e andava dalle suore a minacciarle, lanciando pietre e creando paura. Alla fine, le suore, a malincuore, restituirono Tsimba alla madre e lei tornò in strada. Oggi, Tsimba aveva 17 anni, cicatrici ovunque, tatuaggi e la strada era la sua vita, il suo sangue.

Vincent, dopo tre ore di colloquio, riuscì a convincere le ragazze che per Vicky era meglio restare al centro, spiegando che non era la loro vera sorella e che non potevano fare nulla per riaverla, nemmeno davanti alla legge. Sembrava avessero capito.

Dopo tre giorni, alle cinque del mattino, l’educatrice si svegliò sentendo urla e rumori strani. Alcuni ragazzi stavano lanciando pietre contro il cancello della Maison de Marie. Erano in confinamento per il COVID e tutte le strutture erano chiuse. Aprì lo spioncino della porta e vide Tsimba, le sue due amiche inseparabili e un gruppo di cinque ragazzi, adolescenti, anch’essi di strada.

Contattò Merveille, che abitava a 100 metri di distanza alla Benedicta. Gli spiegò la situazione e lui corse subito alla Maison de Marie. Nel frattempo, l’educatrice cercò di tenere tranquille le ragazze mentre preparavano la colazione. Merveille tentò di mediare e chiacchierare, ma nulla funzionò; le pietre continuarono a volare.

Chiamarono rinforzi: un educatore dei bambini che arrivò dalla strada, esperto delle tradizioni e del linguaggio locale. Riuscì a calmare un po’ la situazione, ma il caos continuava. Tutto il quartiere si radunò; il chef de quartier venne già due volte per capire cosa stesse succedendo, così come i militari. Merveille contattò rinforzi più grandi.

C’era un commissario alla rotonda in basso che talvolta li aiutava in situazioni simili. Merveille lo chiamò e mandò una squadra. Se solo l’educatrice avesse saputo come si sarebbero comportati, non avrebbe mai accettato di chiamare la polizia. I poliziotti, armati di manganelli, iniziarono a colpire tutti. Tsimba e le altre ragazze furono buttate a terra e presero manganellate sulla schiena. L’educatrice andò in panico. Merveille le disse di andare nella sua stanza, che non era il momento per lei di intervenire.

Ascoltò, poiché non aveva alternative, e alla fine, purtroppo, dovette ammettere che aveva ragione. Non poteva fare nulla. La polizia legò le ragazze e le accompagnò in commissariato, dove rimasero una o due notti prima di tornare alla loro vita.

Pochi giorni dopo, la polizia tornò per chiedere una “mancia”. Merveille diede loro 30 USD; l’educatrice, invece, avrebbe voluto denunciarli. Ma quel era il sistema e contro il sistema non si può né fare guerra né rivoluzione, perché la vita vale molto di più.

Il senso di colpa dell’educatrice la perseguitò per giorni. Qualsiasi spiegazione tentasse di darsi, non trovava pace. Tsimba e gli altri avevano subito violenze solo perché loro volevano protezione, ma non in quel modo. Furono giorni duri e, dopo quell’episodio, né Tsimba né gli altri tornarono mai più al centro.

IL SECONDO INCONTRO CON TSIMBA

L’ambulanza ha trovato Tsimba, all’inizio di agosto, mentre era in strada con un piede sicuramente rotto. Non si sa se sia stato un incidente, delle botte o altre violenze, ma in fondo non è quello che conta.

Il primo giorno, Tsimba ha rifiutato le cure. Ha detto che voleva vedere un pastore, che per noi sarebbe uno sciamano. Era la sua scelta, e l’hanno rispettata.

Dopo una settimana e mezza, finalmente sono riusciti a convincerla, perché la situazione stava peggiorando.

Purtroppo, Tsimba aveva una frattura alla gamba e una fascite grave. Hanno dovuto coprire il costo dell’ospedalizzazione, 25 USD a notte, oltre alle medicine e all’operazione per la fascite, che in totale sono stati 475 euro per il gesso e le visite.

Con l’aiuto di Silvia, una nostra associata che in quel periodo si trovava a Kinshasa, hanno preparato un pacco per l’ospedale: vestiti, lenzuola, asciugamani, sapone, dentifricio e spazzolino.

La cosa importante è stata riuscire ad aiutare Tsimba e tutte le altre ragazze e ragazzi come lei che, un giorno, si presenteranno al loro dispensario. Questo posto sarà anche di chiunque voglia contribuire a realizzare un progetto in onore del piccolo Oscar.

Quante Tsimba ci sono a Kinshasa? E quanti Oscar? Gli studi dicono 25.000, ma nessuno sa davvero quanti siano. A loro basterà accogliere e curare un bambino al giorno, non solo con le medicine, ma accompagnandoli verso la guarigione e facendo per loro tutto ciò che possono con i pochi mezzi che hanno.

Tsimba ha 17 anni, si prostituisce e vive per strada. Con le offerte arrivate dall’Italia, domani pagheranno la visita medica e i raggi.

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